Il  VECCIO

 

Ai miei tempi alla Fonte c’era unveccio’ cioè un caprone che, mai contento di svolgere il suo compito di riproduzione, aveva in corpo una tale energia e violenza che fu deciso, per la sicurezza delle sue ‘belle’, di isolarlo. Fu quindi chiuso in una stalluccia della piazza (‘sotto le finestre’) dalla quale, malgrado robuste catene, scappava sistematicamente lasciando per il paese il suo odore inconfondibile. Stuzzicato dai ragazzi e soprattutto da zia Five, che lo imitava alla perfezione, era diventato un pericolo pubblico: quante donne inseguite rovesciavano le conche ricolme d’acqua faticosamente raccolta alle fontane! Un giorno si decise di eliminarlo. Il veccio’ fu ucciso e portato alla ‘Tagliata’ sotto la neve, al fine di ‘spurgarlo’ ed avere una carne meno puzzolente da mangiare. Le sue parti furono così distribuite alle donne per la cottura. La puzza che diffondeva da vivo aumentò decisamente da morto… tanto che non si poterono utilizzare i forni usati per la sua cottura per diverso tempo…Come fecero i signori uomini a mangiarlo comunque, resta francamente un mistero. Indubbiamente lo gradirono perché, a fine pasto, accompagnati dal suono di una fisarmonica, portarono i resti in giro per il paese, intonando un’irridente canzoncina composta per l’occasione in onore del mitico ‘veccio’. Tutto questo tra l’invidia di noi ragazze… perché a quei tempi era considerato disdicevole mischiarsi con i maschi e quel divertimento poteva essere solamente maschile.

                                                                                              (una storia di Antonietta D’Ascenzo)