IL  PRIMO  EMIGRANTE  FONTANARO  IN  AUSTRALIA

Il primo maggio 2010 sono andato in pensione, cogliendo l’occasione della ritrovata libertà per accompagnare (a dicembre) mia moglie in Australia e far visita ai suoi genitori. E’ il quinto viaggio (dal lontano 4/4/1981 giorno del mio matrimonio) che effettuo nel nuovo Continente. Questa volta la vacanza è stata più lunga del solito, tre mesi, sufficiente a far sì che oltre ai tanti svaghi trovassi anche il tempo di ascoltare e poi raccontare la storia di mio suocero, il primo emigrante Fontanaro in Australia. Placido Rosa è nato a Fonteavignone il 2/11/1921, ultimo figlio maschio di Ottavio Rosa e Marsisa De Paulis (da Tornimparte), e fratello di Giulio, Augusto, Franceschina, Fernanda e Lina. Come tanti giovani degli anni ‘20 anche Placido allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale partì per difendere la Patria e solo dopo cinque anni fece finalmente ritorno nella casa natia. La sola fonte di reddito per le famiglie Fontanare in quegli anni era data da quel poco che le sterili terre donavano; il lavoro non c’era e le casate numerose seppure con dignità tiravano avanti con enormi patimenti. Mio suocero appena tornato dalla chiamata alle armi fece domanda nella Polizia di Stato ma nonostante fosse stata accolta preferì partire per l’Australia. Fu “chiamato” dalla sorella della madre Ersilia De Paulis, già emigrata col marito Amedeo Farinosi (di Collettara) e coi quattro figli, Antonio, Duilio, Angelina ed Edoardo. Nell’ottobre del 1950 Placido s’imbarcò a Napoli con la nave “Sorriento” e dopo ben 23 giorni di navigazione finalmente approdò nel porto di Fremantle. La visione che si presentò ai suoi occhi e degli altri emigranti fu di pura desolazione: innumerevoli “windmills”, specie di mulini a vento con grosse eliche adibiti all’estrazione dell’acqua dal sottosuolo e poi sparsi dovunque i “gum-trees” (alberi di gomma) con infiniti “black-boys” (bambini neri), quest’ultimi alti circa un metro con il fusto nero e sulla cima ciuffi tipo spaghetti di colore verde. Recentemente l’Australia oltre ad emigranti Asiatici ha aperto le porte anche ad esuli di colore ed il nome “black-boys” risultava alquanto offensivo per i bambini così è stato prontamente sostituito con “grass-trees” (alberi di erba) mentre i “gum-trees” con le loro verdi foglie continuano ad offrire rifugio e pasto giornaliero per i bellissimi e teneri  koala. Quasi quarant’anni dopo il magnate Bond, vincitore della celebre Coppa America di vela, scelse lo stesso porto di Fremantle per l’edizione del 1987 della regata, la prima fuori dagli Stati Uniti. In quello scenario di sterminato bosco e baracche sparse Placido trovò ristoro a casa della zia e dopo una sola  settimana ebbe il suo primo lavoro a “Brunswik”, interno Australia, dove il caldo era insopportabile e per scacciare le fastidiose mosche si collocavano foglie sotto il cappello. Questo lavoro che consisteva nel ricavare le patate con un pesante forcone durò circa un mese, ma anziché a giornata i lavoranti venivano retribuiti a sacco. Tornato alla pensione della zia, mio suocero trovò prontamente una nuova occupazione a “Spearwood” , una cava di pietra dove gli operai adoperavano pericolose cariche di esplosivo per staccare grossi blocchi, a loro volta sezionati con zeppe, mazze e punteruoli atti alle varie costruzioni; in quella cava fece le prime amicizie con altri migranti italiani tra i quali il Valtellinese Pietro Della Bona. Purtroppo ad appena sei mesi dall’espatrio giunse la triste notizia della morte della madre (26/4/1951), annuncio che lo turbò profondamente, e per lo stesso motivo fu ritardata la partenza della futura moglie Concetta D’Ascenzo, sposata nel frattempo per procura a Fonteavignone dal fratello Augusto. La vita si sa và avanti inesorabile e Placido nonostante il dolore tornò alla sua attività e con i primi profitti acquistò una terra con l’intento di costruirvi casa; questa terra oggi è su una strada principale (Hamilton Road) ma a quei tempi era stretta e sterrata e l’unica casa esistente distava oltre 200 metri. Su quel terreno Placido edificò la prima dimora, non grande, ma anni dopo abitata anche da Quintino D’Ascenzo (giunto nel 1960) e dalla moglie Antonietta D’Ascenzo (giunta nel 1961) e dove nacque anche il loro primo figlio Mauro. Nel 1951 mio suocero chiamò in Australia il cognato Adelio D’Ascenzo e finalmente a marzo del 1953, nel periodo della S. Pasqua, fu raggiunto dalla moglie Concetta e dalla sorella più piccola Lina, entrambe sbarcate dalla “Sorriento” che di lì a poco sarebbe andata a riposo. Lina sposerà poi in Australia Antonio Del Borrello da Vasto. L’altra sorella Franceschina, sposata per procura con Michele D’Ascenzo (fratello del marito Adelio), arrivò sei mesi dopo in ottobre, mentre a dicembre dello stesso anno lo raggiunse anche il fratello maggiore Giulio. Si formò così una piccola comunità Fontanara estesa ancora di più l’11/1/1954 con l’arrivo gioioso della figlia di Placido e Concetta alla quale fu messo il nome della madre, Marsisa. In quello stesso anno giunse anche Adelmo D’Ascenzo e l’anno seguente (1955) il fratello Michele; questi ultimi  furono gli unici a tornare in Italia definitivamente nel 1960, dopo l’arrivo del loro fratello più piccolo, Quintino. Dopo la nascita della figlia, Placido cambiò ancora lavoro e fu assunto dalla compagnia “Quinana” la quale raffinava l’olio e dove restò per oltre tre anni. Quando Marsisa aveva circa un anno mio suocero come dopolavoro, ogni santo giorno, dietro la sua casa si dedicava alla costruzione di un pozzo per l’acqua, scavato interamente a mano, alto 75 piedi e largo 4. Una sera, quando le ombre avevano fatto capolino si sfiorò la tragedia; dal fondo del pozzo Placido urlò alla moglie di tirare su gli attrezzi con la fune ma nel frattempo Concetta, allarmata dall’arrivo di Marsisa che gattoni si avvicinava al pozzo, lasciò la presa e fortuna volle che gli arnesi da lavoro mentre precipitavano rimanessero incastrati sui bordi dando la possibilità di essere recuperati. A questo ricordo più volte gli occhi di mio suocero si sono velati di lacrime. Verso il Natale del 1955 arrivarono con la nave “Castelfelice” la moglie di Giulio, Irma Lucantonio e i suoi tre figli, Renata, Laura e Gino; durante il viaggio Gino si ruppe un braccio e fu ingessato per 20 giorni, ma all’arrivo in Australia fu ricoverato per un mese e mezzo in quanto il braccio venne rotto ed ingessato nuovamente. Dopo i tre anni con la società “Quinana”, Placido cambiò ancora impiego, fu assunto dalla “Watsonia”, compagnia nata per la lavorazione dei maiali che tutt’ora produce prosciutti, salami e salsicce; presso di essa prestò servizio per oltre 20 anni, fino alla pensione; il suo operato però consisteva in opere di falegnameria e carpenteria. E’ superfluo descrivere i grandi sacrifici e i duri anni spesi per dare ai figli un futuro migliore, giorno dopo giorno, con la bicicletta compagna di vita per recarsi al lavoro sotto il sole infuocato. Solo diversi anni dopo Placido comperò una “Holden” blu e in seguito un’altra “Holden” di colore marrone, tenuta come un gioiello, sulla quale anch’io sono salito tante volte e infine venduta con grande dispiacere solamente perché l’età non fa sconti. Nel frattempo Placido e Concetta davanti alla prima dimora ne costruirono una più grande dove vissero per diversi anni e dove nacque il figlio Moreno (8/10/1956); quella casa fu poi venduta a una famiglia di Vasto, “Piscitelli”, i quali tornati definitivamente in Italia la vendettero ad un famiglia inglese. Nel 1965 arrivò in Australia il padre di Quintino, Domenicantonio, il quale restò per cinque anni prima di tornare (all’età di 70 anni) alla “Fonte” dagli altri figli. Negli anni ‘70 e precisamente nel lotto a fianco, mio suocero costruì con le proprie mani una nuova casa dove tutt’ora vive. Alle spalle della nuova dimora Concetta e Placido possedevano del terreno dove per anni coltivarono patate, cipolle, verdure ecc., che messe nei sacchi (con  il proprio nome) grazie a grossi camion che passavano in giorni stabiliti venivano portate al mercato e vendute. Anni più tardi quella terra, non più coltivata, fu divisa in lotti per costruire nuove abitazioni; uno di quelli fu ceduto a Marsisa che lo vendette quando si sposò per vivere in Italia e su un altro mio cognato costruì la sua prima casa, poi rivenduta per una più grande e più vicina alla città di Perth. Chissà quante volte i miei suoceri sono stati presi da sconforto per i tanti momenti difficili, le mille privazioni, il rimpianto di aver lasciato i propri cari, gli amici e la nostalgia della terra natia. Le rinunce hanno dato il suo frutto; è solo grazie ad esse se i  tanti emigranti hanno reso l’Australia una terra ineguagliabile, per gli spazi verdi curati con amore, per la vasta scelta di lavoro che offre, per il tenore di vita che qualsiasi loro figlio o nipote può permettersi, per il rispetto dell’ambiente e quel parlare sottovoce che tanto mi affascina. Quest’anno Placido compie 90 anni di cui 29 vissuti in Italia e più del doppio nella terra che lo ha ospitato, quella terra che infinite volte ha raccolto le sue lacrime ed il sudore della sua fronte, che ha visto il suo coraggio e le sue paure, quella stessa terra divenuta la sua vera Patria e che grazie anche al suo contributo di onesto e duro lavoro è oggi il sogno di ogni essere umano.

(Pasqualino D’Ascenzo)