IL MIO PAESE, I MIEI RICORDI !!

 

Correva l'anno 1960 e dopo aver vinto il concorso di ammissione, il Ministero delle Poste e Telecomunicazioni mi inviò in Lombardia a disposizione della Direzione Provinciale di Brescia. Fui inizialmente assegnato all'ufficio di Rovato e poi a Chiari grazie al fatto che vinsi il concorso per uffici di gruppo B. Da allora sono trascorsi ben 47 anni, mi sono fatto ovviamente una famiglia e una casa e devo ammettere che, pur se lontano dal paese natio, qui a Chiari mi trovo benissimo. Tuttavia il mio piccolo paese mi manca sempre e la notte quando i pensieri hanno il sopravvento sul sonno, non posso fare a meno di ritornare con la mente alla mia amata Fonte, ai miei genitori ed ai miei fratelli, agli amici di infanzia ed a tutti i parenti. Così tornano alla mente tanti ricordi della mia gioventù. Ad esempio durante gli anni trascorsi in Seminario, grazie alla passione per la buona musica imparai a suonare l'armonium. Con l'aiuto di Bice Rosa riuscimmo a formare una bellissima Schola Cantorum alla quale tutte le ragazze del paese parteciparono con grande entusiasmo. Con l'avvicinarsi della festa della Madonna dell’Assunta ci impegnammo per circa due mesi a provare musica e canti da eseguire alla Santa Messa. Insegnai loro una bellissima messa a due voci di Lorenzo Perosi, tanto bella quanto difficile. Nonostante le difficoltà, suffragati da un grande spirito di volontà riuscimmo nella nostra impresa. Tra le voci del coro spiccava in particolare quella di Elsa che si distingueva dalle altre per intonazione e timbro. Le chiesi se era disposta ad eseguire una parte da solista; la sua risposta fu entusiasticamente positiva e pertanto preparammo per l'occasione l'Ave Maria di Schubert. Arrivò finalmente il  15 di Agosto e durante la celebrazione della Santa Messa eseguimmo quanto faticosamente preparato nei mesi precedenti, facendo una gran bella figura tanto che prima della Processione Padre Placido venne a congratularsi personalmente con tutti noi. Mi sembra doveroso, in questa sede, ringraziare tutte le ragazze di allora fra le quali non posso fare a meno di ricordarne una in particolare: ciao Arcangelina sarai sempre nei nostri cuori, riposa in pace come in pace hai sempre vissuto e sono certo che in Paradiso ora canti nel coro degli Eletti. Alla mente mi sovviene un altro breve ricordo. Zio Giovanni un giorno mi chiese se ero capace di andare a Terranera per portare la vacca al toro. Titubante risposi di no ma mio cugino Aldo Rosa, presente alla discussione, si offrì di accompagnarmi e così accettai. Zio preparò la vacca e mi disse di prendere le frocette pregandomi di metterle nelle froce della vacca. Mi raccomandò quindi prima di partire di passare alle vasche a far bere la vacca. Nel frattempo passò Zizzit (Alfonso D'Ascenzo): “Dove andate???” ci chiese. Aldo rispose che andavamo a portare la vacca al toro. “"Ma è sicuro che va in zavata (in amore)??” disse Zizzit “Aspettate un attimo, ve lo dico io se potete andare”. Andò quindi nella sua stalla e dopo qualche minuto tornò con uno sgabello, adagiandolo dietro la vacca. Ancora oggi, dopo tutti questi anni, non riesco a capire il perché di ciò che diceva, tutte le mosse che faceva con il suo corpo e con le sue mani... Ricordo ancora come tutti alla Fonte sapessero che tra Carminuccio e suo padre, lo zio Pasqualuccio, non correva buona armonia. Un giorno in pieno inverno zio Pasqualuccio cadde e si ruppe alcune costole; figuratevi la contentezza di  Carminuccio!!  Quando qualcuno gli chiedeva come stesse suo padre, Carminuccio tutto soddisfatto rispondeva: “Aria rigida rigidissima, abbondanti nevicate, cascate e fratture di costate”. Una domenica dopo la messa la zia Enrichetta chiese a Carminuccio come stesse suo padre e dove si trovasse. Carminuccio, tutto baldanzoso, rispose: “In via del Rangone numero quattro, sali un caposcale e li troverai Pasquale!”. Per ora basta così; i ricordi sono ancora tanti come la malinconia per la terra che ho lasciato. A tal proposito nel bellissimo calendario 2007 di Fonteavignone mi ha particolarmente colpito un verso di Cesare Pavese dedicato a tutto coloro che come me sono dovuti emigrare per motivi di lavoro: “Un paese vuol dire non essere soli, saper che nella gente, nelle piante, nella terra, c'è qualcosa di tuo che anche quando non ci sei resta ad aspettarti”.

(Raffaele D’Ascenzo)